A tu per tu con i nostri Soci: parlano Linda Grossi e Jacopo Pellizzari

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A tu per tu con i nostri Soci: parlano Linda Grossi e Jacopo Pellizzari

Il primo è già guida alpina, la seconda lo vuole diventare. Ma ciò che li accomuna di più, oltre a questo aspetto e al fatto di essere entrati nel Soccorso Alpino da poco tempo, è l’entusiasmo all’ennesima potenza (di quello che “contagia”) e tanta voglia d’imparare. Stiamo parlando, rispettivamente, di Jacopo Pellizzari, TeSA della Stazione Val di Ledro e di Linda Grossi, OT della Stazione Giudicarie Esteriori, 24 anni il primo, 22 la seconda, due giovani Soci cui abbiamo chiesto cosa ne pensano del Soccorso Alpino e come stanno vivendo questa loro esperienza. E ciò che è emerso in modo preponderante dalle loro parole è la forte motivazione che provano per il servizio svolto a favore della collettività che allo stesso tempo permette anche una crescita personale a livello alpinistico e più in generale del proprio rapporto con la montagna.

«Sono entrata nel Soccorso Alpino un anno fa – ha raccontato Linda Grossi – e le mie prime impressioni è che mi piace tantissimo, sia perché posso essere utile agli altri, sia perché sto vivendo questa esperienza come una crescita personale».

In che senso?
«Nel senso che sto diventando più consapevole dei rischi che presenta la montagna e di come affrontare le varie situazioni in cui ti puoi venire a trovare in modo inaspettato. Prima di entrare nel Soccorso Alpino ho maturato la mia esperienza personale, però con i corsi di formazione della nostra Scuola, imparando come aiutare le persone in difficoltà, sto acquisendo questa maggiore consapevolezza dei rischi in montagna ed è questo un aspetto che francamente non mi aspettavo. I percorsi di formazione e di specializzazione del Soccorso Alpino sono strutturati benissimo, con simulazioni reali, come nel caso dei corsi sanitari in ambiente impervio che oltre ad affrontare la parte teorica e pratica, consentono d’individuare i ruoli per i quali ognuno di noi è più portato, nel senso che ti permettono di capire se sei più predisposto per esempio per fare il leader, quindi per gestire la squadra a livello sanitario, o per altre attività fondamentali alla stessa squadra, indirizzandoti così anche sul tuo ruolo nella stazione».

Noti differenze tra uomini e donne nel Soccorso Alpino?
«No, non c’è assolutamente nessuna differenza. Nella mia stazione mi hanno accolto a braccia aperte, facendomi sentire subito a mio agio. La donna rispetto all’uomo evidentemente ha meno forza fisica, ma di converso è molto più attenta ad altre cose e questo le permette di compensare le possibili differenze con l’altro sesso. Ma anche se il punto di partenza tra un uomo e una donna è diverso a livello fisico ciò non preclude a una donna di arrivare a qualsiasi livello: io, per esempio, dopo tanti anni che scalo ho raggiunto un livello migliore di tanti uomini, perché è una questione di dedizione, di allenamento, d’impegno».

Stesso entusiasmo anche da parte di Jacopo Pellizzari. «Sono entrato nel Soccorso Alpino due anni fa, subito dopo essere diventato guida alpina, perché mi è sembrato automatico e doveroso mettermi a disposizione della comunità e della Stazione. E questi primi due anni di esperienza sono stati davvero una continua crescita professionale e personale».

Cosa ti ha colpito di più della nostra Organizzazione?
«La macchina del Soccorso Alpino è molto grande e ancora la devo conoscere a fondo, però una delle cose che apprezzo di più – ha continuato Jacopo Pellizzari – è la grandissima professionalità dei livelli alti dell’Organizzazione, dettata dai tanti anni di esperienza e questo mi dà tantissimo stimolo per andare avanti e stare a fianco di queste persone per imparare il più possibile, acquisendo un’esperienza che mi servirà anche per la mia attività di alpinista e di guida alpina. Appartenere al Soccorso Alpino significa avere la fortuna di potersi aggiornare continuamente e di essere a contatto con persone di grande esperienza, che hanno molto da insegnare, molte delle quali istruttori e guide alpine che lavorano tutto l’anno in montagna. Altro aspetto che apprezzo moltissimo è la mentalità di lavorare a livello di Area e di Zona, così come avviene con la stretta collaborazione tra la mia stazione e quella di Riva del Garda. Questo modo di operare consente in generale alle stazioni più piccole di essere sempre attive e di scambiare reciproche esperienze».

Sei stato uno dei componenti chiave della squadra che ha realizzato l’impegnativo intervento sulla famosa via Vertigine sul Brento. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
«È stata una grandissima esperienza e sono riconoscente al nostro Delegato di Zona, Ezio Parisi, che ha coordinato le operazioni di soccorso, per avermi dato fiducia. L’operazione più difficile è stata coordinare le persone, io sono stato quello che alla fine ha agganciato alla corda di recupero i due climber incrodati in parete, ma a monte c’è stato un lavoro straordinario, un’esperienza che non ha eguali. L’intervento è stato risolto da un perfetto gioco di squadra che ha avuto come punto di riferimento Ezio Parisi e dove ancora una volta è stata determinante la grande esperienza all’interno della nostra Organizzazione»